Attacchi di panico: non sempre è come sembra

Se stai soffrendo di attacchi di panico o temi che questi possano ripresentarsi, ci sono alcune cose utili da tenere a mente e da non fare quando ti trovi in questa situazione:

 

  1. Monitorarti continuamente. Quando si soffre di attacchi di panico è facile prestare particolare attenzione alle sensazioni somatiche interpretandole come segno di un imminente attacco. Tuttavia prestare speciale attenzione e monitorarsi continuamente riguardo certe sensazioni fisiche temute può produrre un abbassamento della soglia di percezione di queste sensazioni e un aumento dell’intensità soggettivamente percepita, aumentando così lo stato d’allarme. Questo significa che si è portati ad avvertirle con più facilità e a sentirle più intense. 

    Pertanto se hai tanta paura di sentire la tachicardia perché temi possa essere il segnale di un imminente attacco di panico o di un attacco cardiaco sarai portato a rivolgere la tua attenzione ai battiti del tuo cuore per controllare che tutto vada bene e che non ci siano segnali di allarme finendo tuttavia per sentire e notare quello che in situazioni normali non noteresti. È come avere a portata di mano una lente di ingrandimento, che ti porta a vedere cose che normalmente non noti: prova per esempio a concentrarti sulla pancia, nota quello che accade, cosa senti, ti accorgerai di sensazioni che prima non notavi.
  2. Evitare i luoghi in cui ti sei sentito male le prime volte o fuggire dalle situazioni ai primi segnali: mettere in atto questo tipo di condotta non ti consente di mettere in discussione le convinzioni che mantengono la tua paura. Per esempio, se ti allontani dal supermercato appena inizi a sentire un senso di nausea o capogiro, perché pensi possa portare inevitabilmente ad un attacco di panico o allo svenimento e alla lunga eviti di ritornarci, non potrai mai darti la possibilità di sapere cosa potrebbe accadere di diverso rispetto alle tue previsioni rimanendo in quella situazione con quelle sensazioni; sarai portato a pensare erroneamente che il mancato avverarsi dell’attacco di panico o dello svenimento sia attribuito alla messa in atto di questo tipo di condotta.

    Potresti invece fare un’esperienza diversa, accorgerti che anche se senti nausea questa non porta inevitabilmente a qualcos’altro e che riesci tuttavia a stare in quella situazione, a tollerarla e a gestirla.
  3. Respirare in modo scorretto: quando si è spaventati si tende con più facilità ad aumentare la frequenza e la profondità del respiro favorendo un’ iperventilazione che tende ad aggravare e alle volte ad innescare l’attacco di panico. Le conseguenze di un’iperventilazione sono dei sintomi simili a quelli del panico, ossia stordimento, testa leggera, formicolio, tachicardia…ed è facile scambiarli con quelli del panico, il risultato sarà uno stato di allarme che quasi probabilmente porterà nel circolo del panico.
  4. Criticarti per quello che stai sentendo: la critica è un fattore di mantenimento che influisce sulla percezione di se stessi come persona, sul nostro valore personale e sul senso di capacità facendoci sottovalutare le risorse esterne o interne che si hanno a disposizione e incoraggiando così uno sviluppo sintomatologico depressivo. Ricorda che maggiore è la percezione di strumenti che possiedi per fronteggiare una situazione, minore è la percezione che hai del problema e pertanto minore sarà lo stato di allarme.

    Non dimenticare inoltre che capita a tutti di trovarsi in un momento di difficoltà, e quando questo accade non abbiamo certo bisogno di sentirci sbagliati o inadeguati per quello che ci sta accadendo ma al contrario rassicurati e incoraggiati. Le nostre emozioni, seppur spiacevoli ci comunicano sempre qualcosa di molto importante; osserviamole, ascoltiamole per capire quello che ci stanno dicendo.
  5. Drammatizzare l’ansia: più la percepisci come uno stato minaccioso e pertanto da evitare più ti farà paura ogni volta che l’avvertirai e sarai portato a fare di tutto per non sentirla: l’ansia e le sensazioni somatiche non sono pericolose e se imparerai a normalizzarle e a comprendere cosa le attivi potrai imparare anche a gestirle.

 

Naturalmente queste sono delle indicazioni che non sostituiscono un trattamento psicoterapeutico, ma tuttavia potrebbero essere di aiuto per tamponare una situazione di sofferenza e per non aggravare ulteriormente lo stato delle cose.

Se nonostante questo la situazione non cambia e continui a stare male, allora è il momento di avvalersi ad una di quelle risorse, in questo caso esterna, di cui si parlava sopra, un aiuto psicologico!

 

La terapia cognitivo comportamentale e l’EMDR sono approcci terapeutici validi ed efficaci per trattare questo tipo di problema.

 

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